Carla Dedola e le sue opere. Nota critica di Gabriella Tidona. Il Foglio Letterario Edizioni.

Non ero mai stata in Puglia fino a pochi anni fa e quando vi andai, ero in un periodo NO. No ai guai, no alla italica volgarità ormai in crescita esponenziale. Per cui scegliemmo un resort esclusivamente per tedeschi in una localita chiamata Torre dell’Orso. Un posto con una lunghissima spiaggia, dove facevo passeggiate e corsette, al mattino presto, anche dentro quell’acqua così trasparente da sembrare caraibica. Udii solo poche voci italiane, per fortuna ed ebbi una splendida vacanza. Non passammo da Taranto se non alla fine e di quella città ricordo solo L’ILVA che non finiva mai, il castello aragonese, le rovine greco romane e il pane di casa buono che mi durò una settimana.

Ma di Taranto parla la mia amica di Facebook, Carla Dedola , nel suo libro ”CORSO DUE MARI”. Da lei apprendo dell’esistenza di Mare piccolo e Mare grande ed altri particolari di una città prima, durante e dopo la guerra. Una città che era la base navale più importante d’Italia e che fu distrutta facilmente in una notte dagli inglesi. In questo ambito si svolgono le storie dei protagonisti con le loro gioie e dolori, con le loro amicizie e amori. Con la storia di uno dei ragazzi che si scopre omosessuale, senza neppure conoscere quella parola. E che, per questo, viene fatto scomparire dalla polizia politica per anni, esiliato in un’isola senza nome, insieme ad altri come lui. Vi si racconta l’angoscia e poi la rassegnazione della famiglia. Ma non di tutta. Un breve libro che si legge facilmente e velocemente, perché si è ansiosi di conoscere la sorte dei personaggi. Che mi sembrano ben caratterizzati e approfonditi con delicatezza. Io, almeno, lo ho letto con piacere.

Questo avevo scritto quando uscì il primo libro di Carla Dedola, una cara amica.

Da poco è uscito il suo secondo libro: Mare di tramontana. Ed è veramente bello anche perché, finita la guerra, si viveva, in Italia, una nuova e ottimistica stagione. Il libro è più lungo del primo e i personaggi vengono ben tratteggiati nei loro rispettivi caratteri, sentimenti, emozioni. Sopratutto quello della protagonista, Edda, della sua amica Anna ed anche quello di Angelo, il cognato, tornato dalla guerra traumatizzato dagli orrori a cui ha assistito. Da cui si libererà solo descrivendoli su un quaderno. Fra questi orrori c’è la calata dei marocchini in Ciociaria e gli stupri e omicidi perpetrati su interi paesi. Orrori neppure riconosciuti dallo Stato italiano. Ecco, il romanzo è oggettivo perché è immerso nella storia ed è soggettivo perché racconta la storia di una donna( Edda) e della sua vecchia amica( Anna) ritrovata dopo anni e con cui vive insieme. Allora era perlomeno insolito ( nonché fonte di chiacchiere infinite sulla sua moralità)per una donna andare a vivere da sola. E poi con un’ amica lo era ancor più. L’ autrice affronta, come nel libro precedente il tema dell’ omosessualità rappresentata qui dal fratello Amedeo anche lui tornato a pezzi dal confino nelle isole Tremiti e del suo amore per Alfio col quale va a vivere in Sicilia. E ,ancora, viene affrontato il tema delle interruzioni di gravidanza, a quel tempo reati per i quali era previsto il carcere.

Mi è piaciuto il romanzo per il senso di accoglienza e di empatia specie nei confronti dei diversi e dei fragili, ma anche nei confronti di tutte le persone con cui si relazionano Edda e Anna. Loro due rappresentano il sole in una società chiusa e ostile che ancora non si era aperta al mondo.

Tuttavia passa un messaggio di ottimismo e di fiducia, nonostante le difficoltà e i contrasti che i personaggi devono affrontare.

Ne consiglio la lettura