Fonte: Altro Giornale Marche -Tanti consensi a Pesaro alla presentazione degli ultimi libri di Paolo Maria Rocco

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FANO – Interessante e partecipata la presentazione tenuta a Pesaro, sabato scorso, dei due ultimi libri di Paolo Maria Rocco: «Izet Sarajlić per Sarajevo-Vita e Poesia» (Patrocinio dell’Ambasciata d’Italia a Sarajevo) e «Temi e Variazioni», entrambi pubblicati tra maggio e luglio scorsi da Il Foglio Edizioni.

L’appuntamento organizzato dalla Libreria Il Catalogo e dall’Associazione LUTVA (da anni in attività con progetti culturali e di aiuto umanitario alle popolazioni bosniache) è stato aperto dalla presidente di Lutva, Maria Di Russo, che ha salutato i presenti sottolineando l’importanza delle opere all’attenzione del pubblico. Quindi ha introdotto all’argomento lo scrittore e traduttore Silvio Ziliotto presentando i libri e il loro autore, Paolo Maria Rocco, il quale ha tenuto poi un’ampia e circostanziata descrizione innanzitutto della poetica e della vita di I. Sarajlić.

Chi è dunque Izet Sarajlić? È un’icona nei Balcani occidentali, cioè in quella regione che si estende dalla Slovenia al Montenegro: uno scrittore e intellettuale che, tra gli anni ’50 e ’90 del Novecento, “da una parte ha innovato la tradizione poetica dell’ex Jugoslavia incoraggiando l’allontanamento dai canoni della paludata letteratura del socialismo reale di matrice titina (J.B.Tito); dall’altra ha mantenuto e consolidato, per tutto il corso della sua vita conclusasi nel 2002, i valori culturali e etici della comunità bosniaca e balcanica indicando nell’unità e nella fratellanza tra i Popoli la cifra esistenziale alla quale votare la rinascita morale di quella macro-collettività”. Entrambi questi scopi – ha spiegato l’autore Paolo M. Rocco – sono stati perseguiti da Sarajlić con tenacia, coraggio, abnegazione, e grande conoscenza dello strumento Letterario e della Creatività, nella convinzione del primato della Cultura che deve informare di sé la ricerca di nuovi valori nel mezzo del pieno e violento decadimento dei disvalori del nazionalismo fanatico e della letteratura piegata al potere politico. Per questo progetto di Sarajlić di così alto significato, Paolo M. Rocco ha proposto, nel suo scritto che introduce il libro sul poeta bosniaco (e lo ha ribadito durante la presentazione pesarese), che allo stesso Sarajlić sia attribuito il Premio Nobel per la Pace o il Premio Nobel per la Letteratura. L’opera complessiva di Sarajlić, infatti, il poeta bosniaco più diffuso e amato nei Balcani e il più tradotto nel mondo, indica la rilevanza mondiale dell’attività che il Poeta non ha mai smesso di affermare, neanche durante i 4 anni dell’assedio più lungo e crudele del Novecento, quando, cioè, Sarajevo è stata sottoposta, per tutto quel periodo, ai bombardamenti nella guerra civile del 1992/96. Sarajlić, nonostante invitato con forza dai suoi amici poeti e scrittori nel mondo a lasciare la metropoli bosniaca, nota nel mondo per il suo carattere multiculturale, multinazionale e multireligioso, ha rifiutato l’offerta per testimoniare, con la sua presenza e con la sua scrittura, i motivi della resistenza all’aggressione nel nome della Fratellanza, della Pace e della Poesia: «Chi ha fatto il turno di notte perché non si arrestasse il cuore del mondo? Noi, i poeti» scrive il Bosniaco.

Nel libro, descrivono da diverse e intriganti prospettive l’esperienza letteraria e esistenziale del Poeta interessantissimi interventi inediti di molte grandi personalità della cultura italiana e balcanica: da Erri De Luca (la cui importanza nell’universo della Letteratura è a tutti nota, meno invece la grande amicizia che lui e Sarajlić hanno coltivato per anni, descritta nell’epistolario “Lettere fraterne”) a Josip Osti (poeta rinomato nei Balcani e amico di una vita di Sarajlić); da Jovan Divjak (il Generale che difese Sarajevo con un esercito improvvisato e male armato, in contrasto con le gerarchie militari) a Silvio Ferrari (importante traduttore di scrittori balcanici); da Naida Mujkić a Gabriella Valera Gruber (entrambe docenti universitarie, la prima a Sarajevo, la seconda, indimenticata, a Trieste, e poetesse entrambe); da Emir Sokolović (importante poeta bosniaco ideatore del Festival internazionale “La Piuma di Zivodrag Zivkovic”) a Silvio Ziliotto, fine traduttore di scrittori balcanici e scrittore; da Ranko Risojević (affermato e diffuso poeta serbo) a Predrag Finci (importante filosofo e scrittore trapiantato a Londra) a Miso Marić (poeta erzegovinese, sodale di Sarajlic), e a tanti altri, croati, montenegrini, sloveni, bosniaci. Tutti loro hanno aderito con passione a questo libro ideato e voluto da Paolo M. Rocco e per il quale è stato detto che si tratta di un’opera letteraria essenziale sul piano internazionale. Lo conferma il tam-tam che si è letteralmente scatenato in Europa all’uscita di questo bel libro: ne stanno parlando l’ “Avanti”, l’ “Osservatorio Balcani/Caucaso-Transeuropa”, “Lupiga” (Croazia), Il PEN-Bosnia, “Bosniaci.net” (Montenegro), “Kvaka-Rivista di Letteratura” (Croazia), “Odos – Fiume, Istria, Dalmazia”, e, quindi,“Il Resto del Carlino”, “Altrogiornalemarche”, e altri. In conclusione della presentazione di questo libro l’Autore ha voluto sottolineare: «Rivolgo i miei ringraziamenti all’Ambasciatore d’Italia a Sarajevo, Dott. Nicola Minasi e al Responsabile degli Affari culturali di quell’Ambasciata, il marchigiano Carlo Marcotulli per la sua disponibilità e competenza».

La presentazione è poi proseguita con l’ultimo libro di poesie di Paolo M. Rocco: dopo “I Canti” (2016) e “Bosnia, appunti di viaggio e altre poesie” (bilingue, 2019), con l’ultima raccolta “Temi e Variazioni” si può dire che nell’arco temporale di circa sei anni si è disegnata una voce del tutto nuova e di sensibile significato nel panorama delle lettere e di ciò hanno preso atto (a scorrere articoli e analisi sull’opera del poeta) critici e studiosi. Fin da “I Canti”, 2016, opera d’esordio dell’autore, abbiamo intrapreso un viaggio nei moventi poetici e esistenziali di Paolo M. Rocco e nella sua capacità di ampliare il contenuto dal particolare all’universale tale da costituirsi come convincente metafora del mondo.

È in quest’esperienza che si delinea il nucleo di un orfismo come percorso iniziatico di conoscenza e di disvelamento di una condizione esistenziale contemporanea, generalmente testimoniata, che mortifica le qualità dell’ “umano”: un riscatto è possibile, suggerisce la Poesia dell’autore, nella tensione a ridestare l’armonia e il senso del sacro e della libertà. In questa direzione, scrive Al J. Moran, “Poesia oppone ad un contesto disumanamente umano le intuizioni dei poeti intorno alla vita, all’arte, alla bellezza, alla coscienza”. Motivi che l’Autore ha approfondito nel secondo suo libro, 2019, “Bosnia, appunti di viaggio e altre poesie”, nel quale paesaggio interiore e naturale si compenetrano vicendevolmente indicandoci il «cammino nel suo viaggio esistenziale – scrive il critico letterario Massimo Gherardini – che, passo dopo passo, fa incarnare le immagini, i luoghi, le persone, le esperienze, i pensieri, i ricordi nel verbum poetico che diviene un’armoniosa unione di logos (parola, pensiero) e eikona (immagine). L’opera in versi è un quadro, un’istantanea viva e in movimento, una scrittura sul pentagramma, sicché l’uso libero della punteggiatura, fuori dai canoni tradizionali, serve, appunto, ad orchestrare la scena, a rendere più esistente ed efficace possibile l’arte. (…) L’ambiente diviene esteriore, balcanico, a piedi nudi su una terra ricca di storia e di sofferenza. Fa da collante una continua, intensa e sincera ricerca dell’identità e di un quid che possa dare un senso definitivo al tutto. L’io lirico corrisponde così con il vero Io, coinvolgendo il lettore in Idea, Spirito e Materia. L’anima è tanto tesa al fuoco del sommerso quanto anela all’infinito…».

Con il terzo libro “Temi e Variazioni”, 2021, una raccolta di testi poetici che coprono l’arco temporale dal 2019 al ’21 e che l’Autore dedica a sua madre Vera, si apre un nuovo orizzonte nella versificazione del poeta: nel richiamo (che abbiamo cominciato ad apprezzare già con “I Canti”) all’ “intermondo” di Holderlin, tra le dimensioni del divino e dell’umanità, dove si trova il poeta, la Poesia che, nell’opera prima, chiamava in causa la verità depositata nelle informazioni e nella storia che l’anima raccoglie in forma inconscia (una verità che percepiamo in noi durevole oltre noi stessi) ora, approfondendo quei moventi, si fa assertiva dichiarazione di poetica: «Paolo Maria Rocco è un grande cultore della parola, nella concezione secondo cui essa, con la sua potenza energetica e generativa, possieda un quid divino – spiega ancora Massimo Gherardini – allo stesso livello del famoso prologo al vangelo di Giovanni in cui essa è identificata addirittura con Dio (…); mente e cuore, laddove la tradizione letteraria è intrecciata con la sperimentazione, in un processo che dal dentro conduce fuori, dalla storia personale a quella dell’umanità (…)». Storia, Mito, Pensiero, Visionarietà: un invito a percepire una verità celata e che alla precarietà di una desolante condizione umana accompagna il bagaglio di memorie, sentimenti, pensieri che informano questa nuova poesia di un assoluto vitalismo che tenta di uscire dalla finitezza della realtà per tornare all’infinito.