FONTE: CONVENZIONALI “Baracca Siti” Dario D’Avino/Edizioni il Foglio recensione di Gabriele Ottaviani

di Gabriele Ottaviani

A questo punto interviene Rubina, che fino ad ora è stata in silenzio e in ascolto: «Avete idea del dramma vissuto da Stefano? È finito all’inferno ed è tornato, diverso, certo, però è tornato. Ed è tornato più forte. Un po’ come è successo a me. Mi sono ritrovata sola e ho dovuto rielaborare tutto, a partire dal senso della mia esistenza. Per lui è stata la stessa cosa. Anzi lui ha dovuto rielaborare anche le accuse e le responsabilità che gli sono state attribuite. E poi ha dovuto sotterrare sua figlia, vi rendete conto? Un genitore non dovrebbe mai sotterrare un figlio». Mentre tutti la ascoltano, Matteo si alza e, a testa china, si allontana dal gruppo. Lei continua: «A me son morti i genitori e mi han chiamato orfana, una moglie che perde il marito viene chiamata vedova. Ma un genitore a cui muore un figlio, come lo dobbiamo chiamare? Non c’è un nome. Questa roba è così innaturale, così assurda, che il dramma che l’accompagna non può essere racchiuso in una stupida e banale definizione. Comunque lui si è preso il suo tempo per rinascere. Un po’ come il bruco, che rimane nella sua crisalide e lentamente, con il tempo necessario, si trasforma in una splendida farfalla. Se qualcuno, mosso a compassione, decidesse di liberare quella farfalla da quell’involucro scomodo, prima del tempo, per risparmiarle lo sforzo, non le farebbe un favore, ma la renderebbe fragile e vulnerabile nella sua nuova vita. Ora è tornato e sa cosa vuole. Stefano non chiede niente di più, adesso, che ritrovare un minimo contatto con la sua bimba. Non c’è più niente di terreno che lui desideri. Quel contatto l’ha trovato qui, e qui viene per dare un senso alla sua vita. Chapeau Mr. Lenzi. Ci avete parlato con Stefano? È diventato una persona solida. Una persona che sa ascoltarti, ma sa anche darti delle risposte. Perché le sue certezze nascono proprio dal fatto che lui non ha più niente da perdere».

Geologo piombinese, allenatore di calcio e appassionato dell’arte della parola, Dario D’Avino esordisce per Il Foglio con Baracca Siti, ottimo romanzo e splendido affresco della provincia che è un inno, concreto e credibile, alla gioia di vivere e alla forza del sogno, all’amore e all’amicizia, una tenera dimostrazione d’affetto nei confronti della propria città, orizzonte delle speranze custodite nel cuore, contro i pregiudizi, il disimpegno e le convenzioni, per il tramite dello sguardo di Andrea, Matteo, Rubina, Ike e Alessia, amici da sempre e meravigliosi ventenni. Da non perdere.