“Il pianto della nube”, Antonio Messina, il Foglio. Prefazione di Fabio Strinati. Recensione di Gabriele Ottaviani per Convenzionali.

Nel suo antico ricordo, questa luce mi opprime…

Il poeta, si sa, è un albatro fatto per volare: quando è a terra è goffo, impacciato, sofferente. Perde persino la voce, la capacità e la possibilità di cantare quando il mondo, intorno, gli è ostile, quando non riesce a penetrare il mistero dell’inconoscibile e dell’ineffabile, segreto che solo a lui può essere concesso, come se si trattasse dell’iniziato a un culto misterico, di sfiorare e raccontare. Il poeta aspira al trascendente, e, come un dio benigno, prende per mano chi gli si affida, piange con lui quando la paura lo attanaglia, quando vede l’ingiustizia, quando è al cospetto del male. La poesia è fatta per il bene e per salvare, ma il nostro tempo è sempre più invidioso, rabbioso, crudele, cattivo: e allora il cielo si commuove per commuovere, muovere, smuovere, per far invertire la rotta, per ritornare ad approdare al lido dell’attenzione, della cura, del rispetto. La realtà violata, liricamente denunciata perché non si dimentichi e perché non più accada, è il fulcro di questa intensa raccolta poetica. Da non perdere.