“La rivincita della natura” o “Terzo Paesaggio” in mostra alla Biblioteca del Palagio di Parte Guelfa

 La mostra collettiva del Gruppo di fotografia “La Camera Chiara di Palagio”: “Terzo paesaggio. La rivincita della natura” si è aperta il 29 giugno alla Biblioteca del Palagio di Parte Guelfa di Firenze. Rimarrà aperta fino al mese di settembre. Giovanni Cavazzuti a nome del gruppo ha illustrato il senso della iniziativa.   Cosa si intende per Terzo paesaggio ? Le piante viaggiano e in questo vagabondare i loro semi si spargono ovunque, soprattutto in città: le ritroviamo negli interstizi dei muri, ai margini delle strade, sui marciapiedi, nei luoghi abbandonati, lungo i fiumi; nel loro fermarsi: formano il “Terzo paesaggio”.    Il Manifesto del Terzo paesaggio è stato pubblicato in Italia da Gilles Clément (giardiniere, botanico e scrittore) nel 2004 e ha avuto sempre più notorietà con il passare degli anni. 

 In sintesi il “Terzo paesaggio”:

 comprende tutti gli spazi non gestiti dall’essere umano;

 è un rifugio per la diversità;

 è un territorio di ricerca;

 è un invito a non agire.

 Gilles Clément ha sviluppato la sua ricerca inserendo in grandi spazi pubblici la sua idea di Terzo paesaggio, giardini dove ci si può sedere a leggere un libro mentre le piante, gli arbusti, le “erbacce” crescono libere e spontanee. Il “Terzo paesaggio” diventa così anche un luogo dove la diversità scacciata altrove, cresce spontanea e si sviluppa arricchendo l’ambiente, senza aver bisogno della presenza umana. 

Il gruppo La Camera Chiara di Palagio ha cercato di cogliere questa diversità andando in giro per la città a fotografare, strade, anfratti, luoghi lasciati alla natura . Gli autori della mostra sono: Flaminia Arpino, Giovanni Cavazzuti, Cristina Fontanelli, Karine Gaior, Raffaello Gramigni, Adriana Levi, Roberto Mosi, Carlotta Salvadore, Massimo Selmi. La mostra è visitabile durante gli orari di apertura della biblioteca., nel centro di Firenze, piazza del Palagio di Parte Guelfa. Ingresso libero. 

Roberto Mosi ha presentato con alcune foto la seguente poesia, tratta dal libro “Sinfonia per San Salvi”, Il Foglio Edizioni, pag. 99 (video: indirizzo:https://youtu.be/v5ojs0jwSmo ).

Cigli erbosi

Frammento indeciso del giardino planetario, il Terzo paesaggio è costituito

dall’insieme dei luoghi abbandonati dall’uomo. Questi margini raccolgono

una diversità biologica che non è a tutt’oggi rubricata come ricchezza.

Gilles Clément, “Manifesto del Terzo paesaggio”, p.11

Al margine della città

i cigli erbosi della strada,

i bordi dei campi dove nasce

un’erba strana, senza nome

l’aiuola dismessa, indecisa

sulla sua natura,

indefinita sul suo destino.

Zone libere

zone che sfuggono al nostro controllo,

meritano rispetto per la loro verginità

per la loro disposizione naturale all’indecisione.

La diversità

trova rifugio su il ciglio della strada

l’orlo dei campi

o un piccolo orto non più coltivato

un piazzale invaso da erbacce

laddove non ci sia l’intervento dell’uomo.

Residui dove nascono cose nuove,

idee nuove, forze nuove. No.

Potrebbero nascere

ma non è detto che nascano.

Il libro “Manifesto del Terzo Paesaggio” (Edizioni Quodlibet 2014) mostra dunque – riguardo alla vegetazione libera – i meccanismi evolutivi, le connessioni reciproche, l’importanza per il futuro del pianeta. È un’opera che apre un campo di riflessione aperto anche ad implicazioni politiche.

Le fotografie mostrano sguardi di tipo diverso sul mondo del Terzo Paesaggio, dalle erbe cresciute fra le crepe dei muri o gli interstizi fra le pietre del selciate, a quelle rigogliose dei giardini abbandonati o fra i sassi dei binari della ferrovia. Uno sguardo particolare fu gettato, in altra occasione, sul parco dell’ex Manicomio di San Salvi di Firenze, come ripreso in un apposito video o sul parco di Fonte Santa ccon il poemetto “Orfeo in Fonte Santa” (Ladolfi Editore). E’ un modo nuovo di avvicinarsi, con l’insegnamento di Gilles Clément, alla Natura, per gettare sguardi “più lunghi” secondo una prospettiva che va dal particolare all’universale, capace di cogliere le varie forme della diversità e di equilibrio fra l’uomo e la Natura. Al termine delle giornate di safari fotografico ci siamo sentiti più ricchi, vicini alle considerazioni che Richard Mabey faceva alcuni anni or sono nel libro “Elogio delle erbacce” (Edizioni Ponte alle Grazie, 2011). Ne riportiamo, concludendo, alcuni stralci:

 “Quando intralciano i nostri piani o le nostre mappe ordinate del mondo, le piante diventano erbacce. Quella vegetazione non aveva nulla di bello o affascinante, non richiamava i fiori selvatici della poesia bucolica… Eppure pulsava di vita, una vita primitiva, cosmopolita… Queste piante erano avvolte da un’aura magica, come se l’incantesimo dell’“area dismessa” rendesse tutto possibile. 

Naturalmente, “tutto dipende da cosa si intende per erbacce”. La definizione è la storia culturale dell’erbacce. Come, dove e perché classifichiamo come indesiderabile una pianta fa parte della storia dei nostri incessanti tentativi di tracciare i confini tra natura e cultura, stato selvaggio e domesticazione. Per certi versi questo libro [“Elogio delle erbacce”] è l’invito a considerare queste piante fuorilegge per quelle che sono, capire come crescono e perché le riteniamo un problema. Per altri versi è una storia umana. Le piante diventano erbacce perché è così che la gente le etichetta.  Le erbacce rompono i confini, sono la minoranza apolide che sta a ricordarci che la vita non è poi così ordinata, ed è proprio da loro che potremmo imparare a vivere – come accadeva un tempo – a cavallo delle linee di confine della natura.”