È stata un’occasione felice ritornare alla Biblioteca “Mario Luzi” per presentare venerdì 12 novembre il libro Orfeo in Fonte Santa, Giuliano Ladolfi Editore, a distanza di tre anni dalla presentazione – introdotta da un magico video di Virginia Bazzechi G, critico d‘arte (indirizzo:
https://www.youtube.com/watch?v=-dn2XMqax0E) – della raccolta Navicello Etrusco, Edizioni Il Foglio.
Presente ancora una volta Arrighetta Casini che ha commentato “Leggendo i versi di Mosi nella raccolta Poesie 2009-2016 (Ladolfi) e poi nella raccolta “Navicello etrusco”, mi è sembrato che il viaggio sia un tema molto caro al poeta. Viaggio in tanti luoghi, ma anche nei non-luoghi. Mosi è un viaggiatore speciale perché porta con sé tante “cose”: la curiosità dell’uomo con in più la sensibilità del poeta, una grande cultura assimilata a tal punto da fare tutt’uno con il suo modo di viaggiare, (se non di essere) certamente del poetare”.
E’ proseguito, dunque, il 12 novembre di questo anno nella bella biblioteca dedicata al maggiore poeta fiorentino nei tempi della contemporaneità, davanti ad un pubblico numeroso, il viaggio sulla via di Fonte Santa accompagnato dal mito sonoro di Orfeo. Il viaggio è stato introdotto, anche questa volta da uno straordinario video di Virginia, apprezzato dai presenti (indirizzo: https://www.youtube.com/watch?v=vIr8cLJC-fk ) che ci ha portato per mano nel bosco di Fonte Santa, ricco di acque, fra le suggestioni dei miti del luogo, della sua storia, delle particolarità dell’ambiente. Erano in mostra nella sala anche le fotografie preparate dall’autore per l’esposizione organizzata nel 2019 dall’Officinadel Mito sul tema “Orfeo chi? Metamorfosi di un mito”, presso la sede del Circolo degli Artisti “Casa di Dante”.
È intervenuta Sonia Salsi che ha affermato: “Una “narrazione”, questa di Roberto Mosi, che segue una cronologia distesa nel tempo, ma al di fuori del Tempo: alla fonte sostarono popoli antichi, per mercatura e per transumanza, genti del nostro tempo che fuggivano dal vortice della guerra o che hanno portato la morte:” Incredibile la morte / fra i castagni, in file parallele”. Dalla Fonte passa gente dell’oggi, gente inconsapevole che non si sofferma, come era – invece – costume dei Pastori Antellesi: sostavano “le allegre brigate” alla Fonte dei Baci, la Fonte dai tanti nomi, testimoni della sua presenza in un luogo, in uno spazio della Toscana, che si fa luogo del Mito: Fonte Santa è a Delfi, è l’pompalo della Poesia, è il luogo di Orfeo. Da Orfeo muove la musica della parola, da Orfeo muove, storicamente, il melodramma con l’Euridice di Caccini, con l’Orfeo di Monteverdi e di Gluck; musiche che ci sembra di ascoltare, in sottotraccia, nei versi di Michelangelo Buonarroti il Giovane, nei versi di Roberto Mosi. Fonte Santa, luogo della sacralità, dell’incontro fra l’umano e il divino, fra il passato e il presente: “Offrirò il suono dei ricordi per il canto dell’esistenza”. Esistenza-assenza che si trasforma in tante realtà storicamente individuabili, ma increspata nel tempo sospeso del mito: “Una bandiera rossa David nascose / fra i muri del rifugio / a Fonte Santa. Rossa sventola / dalla finestra della casa / per la libertà ritrovata.”
Nascondimento e rinascita: epica che si fa mito, la Brigata di David che ci riporta alle brigate dei Pastori Antellesi, in una sorta di atemporale sincretismo”. Alla fine dell’incontro è intervenuto Giorgio Valentino Federici, professore emerito dell’Università di Firenze, esperto in idraulica, per esprimere, da persona interessata alla poesia, le emozioni provate alla lettura del poemetto dedicato ad Orfeo e per ricordare che l’umanità, oggi, ha bisogno di profonde metamorfosi, di perseguire nuovi miti per superare i gravi problemi che affliggono l’ambiente.
Renato Simoni e l’autore hanno dato lettura, nel corso dell’incontro, di alcuni canti che compongono il poemetto Orfeo in Fonte Santa:
II.
Il canto mi prende, mi porta
a cantare lo scorrere del tempo
nel bosco sacro di Fonte Santa,
accordo la mia voce al suono
delle acque, al respiro del vento,
al vibrare delle foglie, guidato
dalla musica del flauto d’oro.
Brilla il vortice del silenzio,
alberi, pietre incantate, braccia
di luce scivolano per i rami,
riflettono nello specchio della fonte
figure, miti colorati.
L’inganno si congiunge
alla conoscenza, appaiono
immagini sconosciute:
la fonte non sa di contemplare
sé stessa e il riflesso di un dio.
III.
Offrirò il suono dei ricordi
per il canto dell’esistenza.
Il passato si intona all’oggi,
un accordo di alternanze
sonore, silenzio e respiro,
elementi primi della vita.
Il canto celebra le cadenze,
vive nel fluire dell’ispirazione
nella voce della fonte, scandisce
il battito del tempo, interrompe
il suono e lo riaccende.
L’assenza si capovolge
in presenza, attività e passività
si integrano, figure immobili
sono superate da immagini
in movimento. “Alla terra
immobile” dico: “io scorro”,
all’acqua rapida: “io sono”.
All’oblio che si distende
risponde il canto che afferra
l’esistenza, “io sono”, “io sono”.
IV.
Incredibile la vita della fonte
abitata dagli angeli venuti
dal cielo, dalle radici della terra
per la via delle acque.
Angeli migranti danzano
leggeri come il vento che giunge
dal Mediterraneo,
s’ingolfa per la valle dell’Arno,
spartisce lo slancio per i costoni
della Cupola e germina
di rari fiori la Costa del Sole,
il crinale generoso di acque.
Il vento conserva i segreti
di quelle terre, accoglie
le memorie del passato,
scioglie il filo del pensiero.
XII
Lenzuoli bianchi alle finestre
dell’Uccellare e di PicilleXII
I tedeschi stanno ripiegando,
hanno lasciato il paese,
la Brigata si riunisce a Belvedere,
domani entrerà a Firenze.
Salteranno i ponti sull’Arno.
Una bandiera rossa David nascose
fra i muri del rifugio
a Fonte Santa. Rossa sventola
dalla finestra della casa
per la libertà ritrovata.
Una bandiera rossa riposta
nello scaffale più alto,
nel silenzio del tramonto
XIV.
Incredibile la morte
fra i castagni, in file parallele,
colonne della Cattedrale,
rami alti formano archi.
Il sole al tramonto incornicia
vetrate
iridescenti, il mormorio
delle acque, il sillabare
della preghiera per Giulia,
agnello vittima della furia.
Sangue, sangue sul verde
delle foglie, sul pavimento
della Cattedrale, le vetrate
aperte sulla città muta.
Firenze saprà, verrà qui
da San Donato a vedere,
a pregare smarrita
per la ferocia del suo figlio.
Giulia sorride nella foto,
è tornata alla Terra,
più vicina a comprendere, forse
a perdonare. Il canto si perde
nelle volte della Chiesa.
Con gli ultimi raggi del sole,
prima che chiudano le porte
della Cattedrale, giunge l’eco
del canto degli angeli
alto fino alle volte del cielo.