Novità I SAGGI Lucia Paoli – Tu mar es mi amar- Il Foglio Letterario Edizioni

Pagine 400 – Euro 18

C’era una volta una principessa, anzi due…

La prima informazione dovuta al lettore si concentra sull’origine della mia ricerca. Mentre nell’anno 2000 stavo scrivendo il libro Donne di mare e di miniera, dedicato con ampia documentazione fotografica alle donne di Rio nell’Elba, rifacendomi alle prime disposizioni legislative a loro dedicate negli Statuta Rivi non ignorai la prima donna firmataria di alcune disposizioni quivi inserite, la principessa Isabel de Mendoça Appiani Aragona. Il personaggio, che dopo più di quattrocento anni è ancora radicato nell’immaginario collettivo locale come la principessa, destò subito il mio interesse quando scoprii che le principesse con lo stesso nome, disposto in ordine diverso, erano due. Isabella Aragona Appiani, signora e principessa di Piombino, è il nome e il titolo che indica due medesime donne, madre e figlia, che spesso sono identificate, sovrapposte e confuse, come principessa di Piombino. In realtà sono due persone con storie ben diverse, anche se intrecciate e interdipendenti. La loro vicenda è inserita in un testo ormai classico della storia toscana di fine Ottocento La storia della Città e Principato di Piombino di Licurgo Cappelletti, che sollecitò subito la mia curiosità per le ombre e gli interrogativi lasciati senza risposta: per quanto riguardava la prima Isabel, la Madre, sposa e vedova del Signore di Piombino Alessandro I Appiani Aragona. Questi si tingevano ancora di più del fosco colore del delitto e dell’intrigo secondo l’appassionata e anticonformista interpretazione della scrittrice torinese Teresa Smali. Questa si basava sulle rivelazioni di cinque documenti rinvenuti all’Archivio di Stato di Firenze che raccoglievano testimonianze infamanti per la donna e ribaltavano il giudizio diffuso al tempo dell’uccisione di Alessandro, giudicato unanimemente un tiranno e un dissoluto libertino, da parte di congiurati piombinesi nel 1589. Le due visioni antitetiche, lo stimolo di vagliare le documentazioni mi indussero a fare di più, anche perché questi fatti si presentavano inseriti in un periodo movimentato e interessantissimo della storia della Toscana e dell’Italia, con Spagna e Impero d’Austria a fare da arbitri della sua politica: più di un cinquantennio, a cavallo fra Cinquecento e Seicento, drammatico come un quadro barocco, dove fra le pieghe delle sue luci e delle sue ombre sono incuneate le più varie situazioni di pace e di guerra, di potere e miseria, di fame e malattia, di gloria e onori, di osti-nate avversioni, di scandali e di amori, il tutto vissuto nell’affaccio del Mare Toscano. Avevo letto la segnalazione dell’esistenza di un ricco fondo relativo al Principato di Piombino esistente nell’Archivio Generale di Spagna conservato nel Castello di Simancas, e subito ebbi l’impulso di vederlo cercando di raccogliere quanto più era possibile. Iniziava così la mia esperienza di investigadora nell’Archivio di Simancas, presso la città di Valladolid, che è andata avanti per tanti anni. La ricchezza della documentazione, lo stimolo di vedere i fatti attraverso l’angolo di visuale dei ministri e funzionari spagnoli che intrattenevano dall’Italia un fitto carteggio con il re di Spagna, l’ampia descrizione dei luoghi e dei personaggi di cui si arricchiva la mia storia, hanno naturalmente dilatato il periodo da prendere in esame. Partivo dagli ultimi venticinque anni del ’500 dello stato di Piombino con le Isole dell’Elba, Montecristo e Pianosa per affacciarmi ai primi venti anni del ’600 in cui i miei personaggi, da questo piccolissimo stato, andavano a occupare un posto di primo piano sullo scenario italiano ed europeo con una lunga causa ereditaria di fronte alla Corte Imperiale di Praga che sarebbe durata trent’anni. Qui si doveva stabilire la validità della successione su Piombino di Isabella, figlia di Alessandro I e di Isabel de Mendoça, sostenuta dalla Spagna, mentre altri pretendenti di rami collaterali della famiglia Appiani si presentavano vantando maggiori diritti perché ‘maschi’. Un tormentato ma succoso periodo che doveva durare con teatrali colpi di scena fino al 1634, quando l’imperatore d’Austria e il re di Spagna eliminavano il problema vendendo lo stato a un personaggio ricchissimo e in grado di comprarlo, Niccolò Ludovisi principe di Venosa. Il protagonista principale di questo periodo tormentato e vi-tale, quello che si impone fin dal titolo del mio lavoro, è il Mare, oggetto di amore e appetiti, scenario di vicende che che si intrecciano ed espandono fino ai luoghi più remoti e sconosciuti. Partiamo dal Mare Toscano e dal Canale di Piombino per allargarci al Mediterraneo e oltre, con il flusso di merci esotiche che convergono a Livorno dai paesi lontani sull’oceano …

La ricerca parte dall’assetto stabile delle coste toscane alla fine della guerra di Siena, voluto dalla Spagna vincitrice, con il trattato di Londra del 1557. Lo sviluppo di Livorno come emporio commerciale mediterraneo e di Portoferraio, passato a Firenze, come rifugio e base militare marittima, segna il grande successo dei Medici consolidati sempre più, politicamente ed economica-mente, sulla realtà europea. Dai loro porti si muoverà la flotta della Toscana per unirsi a quella del papa e infine a quella della Lega per affrontare il nemico turco, che sarà sconfitto a Lepanto il 7 ottobre 1571. Un evento epocale per aver respinto la minaccia dei Turchi, unendo gran parte delle forze cristiane sotto il co-mando della Spagna. È un periodo in cui si assiste all’inizio del collasso economico della maggiore potenza, la Spagna, che disperde le immense ricchezze provenienti dalle Americhe per il controllo dell’Europa nel tentativo di mantenere i suoi territori, forte del titolo di “monarchia cattolica”- assunto da Ferdinando il Cattolico per la lotta all’eresia protestante. Padrona in Italia dei regni di Sicilia, di Sardegna e di Napoli, e del ducato di Milano, tiene legati a sé molti stati piccoli e grandi della penisola, in cui esistono anche stati li-beri come la Repubblica di Venezia o lo Stato della Chiesa, con il Ducato di Savoia mentre sempre più si defila dal suo controllo il Ducato di Toscana. La Repubblica di Genova è un caso a sé legata com’è a doppio filo all’economia spagnola dagli immensi prestiti fatti dai suoi banchieri alla Corona, e nello stesso tempo stato occupato dagli spagnoli..

Parte centrale di questa narrazione è comunque la realtà del Mare Toscano, dove inizialmente il pericolo e la minaccia dei pirati barbareschi si affievoliscono dopo la vittoria cristiana a Lepanto, sostituiti in seguito da quelli dei corsari inglesi e olandesi che attaccano le galere cariche di merci degli spagnoli anche in queste acque, dove tutti però trovano accoglienza nel moderno porto di Livorno. Questa città è menzionata spesso come luogo di grandi traffici commerciali e passaggi di navi di ogni tipo, che grandemente inquietano gli informatori spagnoli, anche per il crescente antagonismo nei confronti dei Medici che attuano una politica libera e spregiudicata per il controllo del mare.

Piombino invece si configura con l’omonimo Canale come punto strategico essenziale per il passaggio delle navi spagnole in movimento da Napoli verso Genova da dove passano i rifornimenti per Milano e per le Fiandre. Qui i Presìdi, una serie di luoghi fortificati sulla costa maremmana intorno a Monte Argentario e nel territorio stesso di Piombino, devono proteggere questa via di navigazione e controllare nello stesso tempo la costa, in una posizione centrale vicino al confine dello Stato Pontificio.

Luogo nevralgico di infiniti interessi è però l’Isola dell’Elba con le miniere di ferro di Rio, appaltate dai signori di Piombino ai Medici, che costituiscono la rendita portante dello stato.

Sull’Isola hanno posto gli occhi, oltre agli Asburgo, i Medici vogliosi di acquistarla, non contentandosi del possesso di Porto-ferraio, concesso loro con il trattato di Londra. Quando nel 1603, in un momento tragico di vacanza di governo in Piombino per la morte senza eredi dell’ultimo principe Jacopo VII Appiani, la Spagna con un colpo di mano occupa Longone e vi inizia la costruzione del Forte di San Giacomo, troveremo l’Elba divisa fra tre padroni, mentre i suoi cavatori continuano a lavorare a capo basso e a caricare instancabilmente il minerale sulle barche nella marina di Rio. In questa mia storia parleranno direttamente i protagonisti, principi, sovrani, ministri, cardinali ma anche, quando la incontreremo, faremo sentire la voce dei lavoratori, di quel popolo che nella storia sta sempre sullo sfondo: e noi non lo perderemo di vista interpretando, anche solo attraverso piccoli indizi, la loro condizione. Il quadro della società si presenterà da sé attraverso i documenti: dalla politica matrimoniale, e quindi patrimoniale, alla situazione finanziaria ed economica, tenendo conto delle risorse e delle cicliche crisi agricole sfocianti spesso in carestie ed epidemie.

Emergeranno grandi passioni politiche e anche infinite frustrazioni e delusioni di quanti partecipano a questo gioco per il potere. A corredo dei tre libri uniremo le testimonianze in cui le parti esprimono i loro pareri, anche contrapposti. Il lettore giudicherà da sé e sarà libero di interpretare i fatti mettendoli a confronto nell’ampio ventaglio di documentazione che accompagna, ed è, la nostra storia.

Lucia Paoli

Rio nell’Elba, 18 novembre 2021