Novità in libreria – Sestra di Fabio Burzagli, un libro noir, crudo e potente Edizioni il Foglio Letterario 

RECENSIONE DI MASSIMO CANUTI

Sestra. Ovvero “sorella”, in russo. E nel libro di Fabio Burzagli, pubblicato da Il Foglio Letterario Edizioni, la giovane Taisya finisce davvero per esserlo, una sorella. Di tutti noi. Ma cominciamo dall’inizio. Taisya è arrivata dalla Bulgaria, dopo aver peso i genitori (ha solo la nonna e la sorella, a cui scrive ogni tanto). È arrivata in Italia piena di speranze, con un’idea di vita destinata a non realizzarsi mai. Si trova infatti reclusa in un luogo nell’entroterra toscano, prigioniera di uomini che la obbligano a prostituirsi in cambio della propria sopravvivenza. Quando nell’edificio fa la sua comparsa Anzhelika, poco meno di sedici anni, qualcosa però cambia. Anzhelika non è come le altre. Innanzitutto è una straordinaria poledancer. E proprio la danza, la musica, rappresentano per lei quella forza vitale che le permette di ribellarsi; una forza che finisce per trasmettersi anche alle altre ragazze del gruppo. Ciò che dice Taisyaalla nuova arrivataci dà un’idea del grado di rassegnazione che si respira in quel luogo:“Ognuno trova il suo modo, ragazzina” le dice Taisya. “Alla fine, non muori. Ti calpestano, ti scopano, ti usano… ma non ti ammazzano. Oggi una cosa fa schifo, domani uguale, ma ti abitui. Oggi fa male, domani meno. Poco meno, ma un po’ meno. E a un certo punto dici: cazzo, non è il mio corpo in cui vengono questi sfigati.”Parole, quelle pronunciate da Taisya, che in realtà sono rivolte soprattutto a se stessa.Perché con Anzhelika, Taisyasi ritrova di fronte a uno specchio. Uno specchio capace di riflettere la sua stessa sofferenza e, soprattutto, di farle capire che forse non tutto è perduto. Occorre dirlo. Il libro di Fabio Burzagli è un pugno nello stomaco. Lo è per la storia, cupa, dolorosa. Lo è per il linguaggio, che non si presta a compromessi. Le parole con cui l’autore descrive le violenze subite da queste povere ragazze, i dialoghi degli aguzzini, certe descrizioni, sono di una precisione chirurgica. Eppure c’è spazio anche per la dolcezza. Quella delle piccole cose, di certi scambi tra prigioniere. La dolcezza dei ricordi, della fanciullezza perduta. La dolcezza dell’amicizia.

Leggere “Sestra” significa entrare dunque in una dimensione quasi fisica del dolore, dove la speranza sembra preclusa. Noi lettori veniamo catapultati in un mondo dal quale pare non esserci uscita. Man mano però che proseguiamo nella lettura, che si fa sempre più incalzante pagina dopo pagina, ci ritroviamo a fare il tifo per la nostra protagonista e per tutte le altre ragazze.La loro voglia di libertà finisce così per diventare anche nostra.Perché il mondo, è vero, può essere spietato. Ma la salvezza, in fondo, è ancora possibile. Ed è bello se, a ricordarcelo, sono libri così.