Fonte Lib(e)roLibro. Andrea Fanetti, I GIGANTI. Storia di basket e acciaio”, recensione di Alberto Figliolia.

“… sentivo le mani farmi sempre male e la schiena più rigida. Com’è diversa la fatica da lavoro da quella degli allenamenti! I movimenti là in cantiere non erano quelli armonici del salto e della corsa, le posture si adattavano alle macchine, ai pezzi da montare, agli attrezzi da usare e lì per lì neanche te ne accorgi; poi ti raffreddi e i muscoli lo dicono che gli hai fatto fare qualcosa di innaturale. Addosso a un corpo di vent’anni sentivo dolori che pensavo fossero roba da vecchi.”

Il rimbalzo di una palla a spicchi su un campo all’aperto. Il ciuff della retina che accoglie un tiro dalla parabola perfetta. L’appoggio al tabellone di legno. Questa è magia… Ogni amante della sfera arancione (difatti in gergo, affettuosamente, si chiama anche arancia) – colore di base, nonostante le tante variazioni succedutesi nel tempo – non può resistere a queste immagini o alla meraviglia del ricordo o alla tentazione di far due tiri al campetto, foss’anche da soli (ciò che consente di raccogliere i pensieri). Poi ci sono le infinite sfide da playground: dal 3 contro 3 al 5 contro cinque (la via di mezzo del 4 contro 4 a metà campo è quella preferita da chi scrive). I giganti-Storia di basket e acciaio di Andrea Fanetti, Edizioni IL FOGLIO (2022, pp. 206, euro 12), è un romanzo (di formazione) struggente, di nostalgia e passione, con il gran merito di incrociare l’amore verso uno sport e le dure necessità della vita. Peraltro non è che la pratica della pallacanestro sia sempre lieve come una piuma. O, meglio, lo è per l’entusiasmo con cui ci si approccia alla disciplina, per la divorante felicità che può procurare, per l’altalena di emozioni che sa donare, anche nel piccolo (grande) abisso della sconfitta, specchio e metafora dell’esistenza. Ma, per imparare e per cimentarsi, è necessario sempre un lungo e faticoso apprendistato. Nessuno aveva mai osato narrare, con tale nettezza e forza, di un itinerario in cui pallacanestro e lavoro si incrociassero. I luoghi sono quelli toscani, paesaggi baciati dal sole, dalla Natura e dalla Storia (queste ultime scritte con l’iniziale maiuscola) – Venturina e Piombino in primis, ma le sfide per ogni dove di quella Toscana sono tante – i protagonisti Michele-Mike (l’io che narra), John-Gianni e un’infinità di personaggi a corollario, fra i quali va citato il primo coach, Piero.

Michele, famiglia di estrazione operaia, è un play-guardia e Gianni, figlio di un noto avvocato, un lungo. Il primo è un buon giocatore, ma l’avvenire non è da serie A, diversamente da Gianni, che invece finirà per approdare a Siena, fulgida stella del firmamento cestistico e, infine, per tanti anni, con la sua filosofia vagabonda e i suoi giorni controcorrente, nel basket delle serie minori. Michele è un coach in pectore: studia il gioco, le tattiche, ama insegnare, curando i fondamentali e nutrendosi della materia intellettiva e sentimentale del gioco. Michele è un allenatore-educatore. Il suo sogno sarebbe quello di divenire un coach di professione, ma la talora impoetica realtà lo catapulta altrove, nel mondo del lavoro, nelle acciaierie, laddove è il travaglio di un’umanità fiera e dolente, in un antinferno di condivisione, lacrime, rabbia, paura, fumo, fatica dignità e… morti sul lavoro. Un dramma mai estinto, una piaga tuttora aperta nel Bel Paese. Una dicotomia insanabile per il giovane Michele? Basket o lavoro? Sistemarsi o proseguire in una scelta in ogni caso mai sposata appieno? In e con tutto ciò si dipana la storia, la cronologia degli eventi svolgendosi implacabile, necessaria. Anche se le strade divergono il vincolo dell’amicizia fra Michele-Mike e John-Giovanni non si scioglierà mai. Gioia e dramma si alternano, scampoli di serenità e di felicità con situazioni ben più cupe. La commistione degli elementi e dei caratteri è perfetta, la galleria dei personaggi ricca e di varia umanità, le pagine fluiscono con bella facilità e profondità di pensieri. Il basket è il fil rouge (la competenza dell’autore è indubbia, come ben si comprende dalla descrizione del gioco), ma anche l’ardua materia del lavoro penetra le fibre… “Poi certe volte la giornata cambiava d’improvviso se avvenivano guasti importanti; allora era fatica vera, c’era da farsi il culo, sporcarsi in abbondanza, respirare sostanze nocive e spesso ci scappava pure qualche infortunio.” Tutto il racconto è perfettamente contestualizzato con gli eventi locali, soprattutto la vita in fabbrica, e gli avvenimenti del vasto mondo. Dal panorama dell’adolescenza carica di ogni sogno e possibilità – fumetti (citati Tex, Zagor, Capitan Miki, Grande Blek), amicizie, primi amori, desideri, aspettative – all’ingresso nell’età adulta, una sorta di fine del gioco… E il libro si suddivide in sezioni che riproducono una partita di basket: dopo la premessa, quattro quarti (una volta erano due tempi da 20′), con un intervallo e, in fondo, un overtime. Ogni capitolo è (quasi) autoconclusivo, mai slegato dall’insieme ma, nel contempo, godendo di una specie di autosufficienza. Citiamo, fra gli altri, Venturina, due amici, Il Campino dei giardini (e in quel diminutivo ci sta il soave morso del ricordo), Il primo campionato, Famiglie, Tornei estivi (momenti indimenticabili, nella brezza e nel frinito delle cicale), Ostacoli famigliari, Filosofia di gioco (essenziale esplicazione, la difesa come sacrificio, opportunità e dedizione al bene comune), Partite e feste di Partito (come dimenticare quello spaccato dell’Italia che fu?), Allievi ’64, Esami, Afo4 (“Alle acciaierie, quelle che mio padre chiamava le sue acciaierie, i tre altiforni che fino allora avevano rappresentato il cuore produttivo dell’azienda stavano per cedere definitivamente il passo a un gigante, quello che sarebbe divenuto l’altoforno numero quattro, all’epoca uno dei più grandi d’Europa…”), In cantiere, Personaggi da cantiere, L’ultima partita, Non smettere!, Morti bianche, Via dal cantiere, Naja, Il Gigante, Distacchi, Lavorare stanca, I ragazzi del ’66, Coach, La prima di campionato, Luglio ’81, Due partite, In Magona, Ciao Venturina, Canestri e vinili, Ritorno a Piombino, I ragazzi del ’71, Addio al basket, Un incidente di mezz’estate, Ricordi, Un pallone, Ritrovarsi, Il ritorno, Fine della partita. Ogni fine, tuttavia, è un nuovo inizio. Un campo da basket per un antico appassionato è da sempre come il richiamo della foresta… E il cerchio si chiude con serenità, la nostalgia come un mare foriero di idee feconde, voci e, ancora e sempre, desideri e speranze.

“I giganti sono quei ragazzi altissimi che puoi incontrare in un campo di basket. I giganti sono gli impianti industriali come l’altoforno. I giganti sono quelli che si alzano la mattina presto, fanno un lavoro duro, eppure vanno avanti per guadagnarsi di che vivere anche a rischio della vita stessa. I giganti sono coloro che non smettono di sognare.”

Alberto Figliolia

Titolo: I giganti. Storia di basket e acciaio
Autore: Andrea Fanetti
Prezzo copertina: € 12.00
Editore: Ass. Culturale Il Foglio
Collana: Narrativa
Data di Pubblicazione: ottobre 2022
EAN: 9788876069222
ISBN: 8876069224
Pagine: 200