GIUGNO & LETTURE – IL FOGLIO TV

IL FOGLIO LETTERARIO del SABATO IL FOGLIO LETTERARIO & EDIZIONI IL FOGLIO Editori in Piombino dal 1999 www.ilfoglioletterario.it – www.edizioniilfoglio.com

Finisce il Maggio dei Libri ma noi cominciamo GIUGNO & LETTURE. Nuovi appuntamenti sul Gruppo Facebook Edizioni Il Foglio, il nostro Salotto Letterario organizzato in collaborazione con UNITRE PIOMBINO. Riposiamo soltanto il 2 giugno, perché festivo. Collegatevi al Gruppo FB: https://www.facebook.com/groups/65808867039/.    





PROGRAMMA 31 maggio – 5 giugno – SEMPRE ORE 18 e 30

Lunedì 31 – Vincenzo Trama presente il suo nuovo romanzo Müchela, Iena (Spartaco Editore)  Nel grigiore di una periferia alienante e senza via di uscita, sciama la vita di un nugolo di adolescenti ostaggio della mentalità gretta dei padri. Dopo l’estate in cui tutto accade, si rivedono ormai uomini. Cambiati nell’aspetto, piegati dagli eventi, ancora e per sempre amici.





Martedì 1 – Paolo Ceccarelli presenta Sempre Avanti. Cento anni di calcio, acciaio e politica a Piombino (1921-2021) – Edizioni Il Foglio – Undici maglie nerazzurre in campo, un pubblico di operai sugli spalti, le ciminiere sullo sfondo. Cento anni fa nasceva l’Unione Sportiva Sempre Avanti Piombino, la squadra di calcio della città dell’acciaio, una delle capitali italiane del movimento operaio e della sinistra.

Giovedì 3  – Alessandro Fulcheris – Appunti di storia – La mina di Monte Zerbio nella Prima Guerra Mondiale  (Altopiano di Asiago)

Venerdì 4 – Francesca Lenzi presenta Quarant’anni di un capolavoro – 1997: Fuga da New York di John Carpenter

Sabato 5 – Ennio Fulcheris – Il figlio di Capo Bianco – Edizioni Il Foglio – presenta Alessandro Fulcheris – La vita del figlio di Aldo (Capo Bianco), da Savona a Piombino; la guerra, l’occupazione, i partigiani, il calcio, gli altiforni, Radio Piombino e il Bar Nazionale …

Ricordiamo che in data 12 e 13 giugno tutti i nostri libri saranno esposti al Mercato Artigiano in Corso Italia

Paolo Ceccarelli – Sempre Avanti

Cento anni di calcio, acciaio e politica a Piombino (1921-2021)

Il Foglio edizioni – Collana Saggi – Pagine: 282 – Prezzo: 15 euro

Undici maglie nerazzurre in campo, un pubblico di operai sugli spalti, le ciminiere sullo sfondo. Cento anni fa nasceva l’Unione Sportiva Sempre Avanti Piombino, la squadra di calcio della città dell’acciaio, una delle capitali italiane del movimento operaio e della sinistra. Fin da subito le sorti della società appaiono legate in modo indissolubile a quelle delle industrie piombinesi, in particolare della Magona e delle Acciaierie. Quando la siderurgia ha il vento in poppa, i nerazzurri inanellano successi, fino a giocare all’inizio degli anni Cinquanta un campionato da protagonisti in Serie B, arrivando a sconfiggere la Roma in una partita entrata nella storia e ad accarezzare il sogno della Serie A. Ad ogni crisi industriale seguono invece sconfitte, retro-cessioni e fallimenti. Eppure, anche nei momenti più difficili per la città e le sue industrie, il tifo per il Piombino resta fuori dagli scontri sindacali e politici e ancora oggi sembra uno dei fili più resistenti dell’identità piombinese. A dimostrarlo è una piccola grande storia di mobilitazione spontanea, quella del comitato “Stadio per tutti”, nato nel 2018 per salvare lo storico stadio “Magona d’Italia”, vecchio dono della grande industria siderurgica caduto lentamente in uno stato di degrado. Calcio, acciaio e passione, cento anni dopo.

Paolo Ceccarelli è nato nel 1981 a Firenze, giornalista professionista, Paolo Ceccarelli lavora al Corriere Fiorentino, dorso toscano del Corriere della Sera.

Paolo Maria Rocco

Izet Sarajlić: per Sarajevo vita e poesia

Collana Poesia – Pagine: 450

Prezzo: 20 euro

Poeti, scrittori, filosofi, artisti: hanno risposto in tanti dai Balcani e dall’Italia, amici, conoscenti e studiosi delle opere di Izet Sarajlić, per questo libro che non vuole essere una celebrazione del grande poeta bosniaco ma un’ulteriore occasione di conoscenza e di ricerca. L’Autore ha ricostruito, grazie a questi brevi saggi e alle Conversazioni/Interviste, tutti inediti, un percorso poetico e esistenziale del Poeta che, conosciuto e tradotto nel mondo intero, ha caratterizzato il milieu culturale del Secondo Novecento balca-nico e che oggi continua ad affermare la sua rilevante presenza nell’universo letterario internazionale. Importante l’opportunità che ci è data, così, di scandagliare anche le frequentazioni letterarie italiane del Bosniaco: da Luciano Morandini a Elio Bartolini, da Erri De Luca a Silvio Ferrari e Giacomo Scotti, che tracciano una rotta di grande importanza nell’ininterrotto dialogo tra le due sponde dell’Adriatico.    Una conversazione con Tamara Sarajlić-Slavnić con inediti di Izet Sarajlić e testimonianze inedite di: Braho Adrović, Erri De Luca, Jovan Divjak, Silvio Ferrari, Predrag Finci, Mišo Marić, Naida Mujkić, Josip Osti, Ranko Risojević, Vesna Scepanović, Giacomo Scotti, Emir Sokolović, Bozidar Stanisić, Stevan Tontić, Gabriella Valera, Silvio Ziliotto, Pero Zubac. Traduzioni di: Ilija Balta, Bozana Bijelić, Žanka Bošković Coven, Alden Idriz, Paolo Maria Rocco, Vesna Scepanović, Silvio Ziliotto.

Ennio Fulcheris – Il Figlio di Capo Bianco di Alessandro Fulcheris

Avevo letto questo racconto di vita di mio padre, o forse è meglio dire “del mì babbo” alcuni anni fa, quando lo scrisse, in una delle sue estati alla casetta di Lacona, all’Isola d’Elba, sotto il fresco di quei pini che trattengono il calore a volte pesante del sole dell’Isola. La storia della sua vita, dal tempo di guerra a Savona, la sua amata città natale fino ai giorni nostri. Credevo di sapere tutto di lui ma mi sbagliavo. Scorrendo quelle pagine ho scoperto tante cose che lui racconta con dovizia di particolari e soprattutto con tanto sentimento. Traspare nettamente l’amore per tutta la famiglia; dai genitori ai parenti liguri, alla amatissima moglie Graziella, a me e mia sorella, a mia moglie e ai miei figli: i suoi carissimi nipoti. Si tratta naturalmente della storia di una famiglia, come quella di milioni di altre famiglie: però questa è la “SUA” storia, che a me per forza suscita grande emozione ogni volta che la riguardo. Anni fa, la prima volta che la lessi, attraversavo un periodo non facile e ricordo di essermi commosso sfogliando quelle pagine. Non piango mai: ho insegnato ai miei figli che non si piange, che bisogna essere duri, davo la colpa a quel mio fortunatamente temporaneo momentaccio. Invece anche oggi che, vista la sua ferrea intenzione di farne una pubblicazione mi sono messo a sistemarla, con mia sorpresa mi sono ritrovato a versare calde lacrime, soprattutto in occasione della scomparsa del padre di Ennio: il mio nonno Aldo. Avevo nemmeno 10 anni quando un brutto male se lo portò via. Per me fu la prima volta di dover affrontare la morte di qualcuno che faceva parte della cerchia ristretta dei miei cari e fu una legnata enorme. Sono passati quasi 50 anni: come è normale che sia ho avuto altre perdite, come tutti del resto quando il tempo scorre inesorabile nell’alveo del fiume della vita ma anche adesso non ce la faccio a trattenermi quando leggo quelle righe dove Ennio parla di suo padre. Quell’omone, “Capo bianco”, che mi portava per mano passeggiando: la Pinetina sopra l’Hotel Esperia dove staccando gli steli dei giunchi ne faceva un cappio per catturare le lucertole, il palazzo della Sirena, Via Salivoli dove all’ingresso di una villa stanno ancora due statue di leone, e ne faceva il ruggito; quella volta che feci uno scatto in mezzo alla strada e una 1100 per poco non mi investe e la sua faccia bianca come i capelli, cogliere delle rose bianche, ce n’era una siepe piena, per portarle a casa, al ritorno, alla nonna. Piazza Costituzione, il bocciodromo, il Luna Park che a quei tempi veniva fatto nello slargo sterrato che oggi si chiama Piazza Aldo Moro, e i suoi sforzi per farmi imparare l’equilibrio in bicicletta. Quando entravo in casa sua, diceva subito “Dà bacino a nonno”. Me lo diceva anche quando, già preso dalla malattia, faceva finta di niente per non farmi impressionare. Mi tengo in casa, cari come reliquie, quel suo buffo martello che teneva nello stanzino, la “gavetta” con la quale andava al lavoro al laminatoio dell’ILVA, la sua medaglietta di riconoscimento di quando era militare nel glorioso Battaglione San Marco: Aldo Fulcheris, matricola 25150-C, il suo orologio da taschino e il posacenere metallico con una farfalla in rilievo sul fondo che mi chiedeva quando, seduto in poltrona dopo cena, si accendeva una di quelle pochissime MS che fumava al giorno. Il nonno è sempre con me, che sono un tenace nella vita anche io come Ennio: però gli occhi mi si riempiono anche ora, come in quel bruttissimo 1973 quando Aldo partì per il suo ultimo viaggio. Da bimbo, emulando il nerazzurro della maglia del Piombino e cercando, purtroppo invano di ripercorrere le gesta di Ennio e del nonno Aldo, entrambi ottimi giocatori di calcio in competizioni di rilievo (la serie C unica di allora era già un bel traguardo ed Ennio ne parla molto nel libro) diventai subito interista. In seguito, avendo fatto tanti viaggi a Savona, passando da Genova la vista di tutte quelle bandiere sui terrazzi, quei colori, quell’entusiasmo del babbo, dei nonni e di parecchi dei miei parenti liguri ebbi una folgorazione: telefonai allo zio Rolando che abitava a poche centinaia di metri dallo stadio di Marassi. “Zio mandami giù una sciarpa e un cappellino della Sampdoria”. “E che ci fai, mi disse, non sei interista?”. Non lo so, risposi, intanto mandami giù questa roba. Il pacchetto arrivò, lo scartai. La Samp a quel tempo arrancava penosamente in serie B mentre l’Inter macinava scudetti. La parte del mio sangue ligure prevalse. Mi attorcigliai quella sciarpa al collo, indossai quella papalina coloratissima: mi guardai allo specchio e una scarica elettrica mi attraversò tutto il corpo fino al cervello. Diventai un accanito tifoso blucerchiato, spesso in curva Sud a Genova, cantando gli inni in quel dialetto che ora ritornava familiare, avendolo sempre sentito sulla bocca dei nonni e di babbo. L’amore con il quale Ennio parla nel suo libro della sua terra natale mi dà conferma di tutto questo. In “vecchiaia” mi sono riscoperto scrittore, ho già scritto tre libri, sto preparando il quarto e ho deciso di scrivere questa prefazione per il mio babbo, che ci tiene tanto, specialmente oggi che la sua schiena gli impedisce di fare quella vita che era abituato a fare: la caccia, la pesca, i funghi, l’Elba, Savona, Campiglia d’Orcia. Ha fatto pochi viaggi nel suo percorso: è sempre rimasto attaccato alle sue cose che adesso, pur rimanendogli più difficili, proverà fino in fondo a fare ancora, con l’ostinazione ligure che porta nel sangue. Tre operazioni alla colonna vertebrale in un anno. Una roccia. A volte mi domando cosa avrei fatto io nei suoi panni. Desta ammirazione, senza dubbio. Per chi si cimenterà nella lettura, che è tutta interessantissima (ma il mio giudizio di figlio è certamente viziato ed interessato) direi che la parte riguardante lo stabilimento e quella del calcio nella squadra del Piombino sono veramente interessanti e piacevoli. Non credo (ma posso sbagliarmi) che nessuno, ad oggi, abbia scritto in maniera così appassionata e dettagliata del funzionamento dell’Altoforno, delle squadre degli operai, ognuno con le sue precise mansioni. Pur dimostrando amore e passione per quel mostro d’acciaio che è l’Altoforno con le sue rosse ed infuocate colate di ghisa che dipingevano le nuvole di porpora anche la notte, Ennio mi ha sempre detto che avrebbe fatto di tutto per non farmi entrare là dentro. Ed è riuscito anche in questo. A scuola non avevo tanta voglia di studiare, lui sognava per me una laurea e non ci sono andato nemmeno vicino. Nemmeno un diploma serio sono riuscito a portargli in casa, se si eccettua la qualifica di segretario d’Albergo, per cui in una fase iniziale sono sicuro di averlo deluso. Nel prosieguo della vita però, col lavoro prima nella pizzeria Stiefel a San Vincenzo, poi nel Bar Nazionale, e adesso come Agente di Commercio molto stimato nell’azienda per cui lavoro, sono convinto di avergli dato grandi soddisfazioni. E questo mi fa bene. Fa più bene a me che a lui. Insomma alla fine di questa prefazione mi rendo conto che ho parlato più di me che del libro del “mì babbo”, e forse è meglio così: il lettore se lo gusterà ancora di più, senza aver dovuto per forza introdurre i tanti capitoli, uno più bello dell’altro. Alessandro Fulcheris

GIOVANNI MODICA – STORIE FELSINEE

Quando mi fu proposto di curare una raccolta di racconti sulla mia città, la prima domanda che mi saltò in mente fu “Come non averci pensato prima?”. Conoscevo già molti scrittori, alcuni erano e sono amici, e un viaggio per Bologna attraverso le loro sensibilità sarebbe stato certamente stimolante. Per alcuni di loro avrebbe significato qualcosa di diverso, in quanto non-bolognesi oppure, per quel che riguarda i tanti noiristi coinvolti, l’occasione per cimentarsi con generi nuovi. E così è stato. Alcuni degli scrittori ospiti di questa raccolta sono romanzieri, altri sceneggiatori di professione, altri ancora critici cinematografici, autori storici, giornalisti… Mi accorsi che mi trovavo per le mani dell’oro senza averci mai fatto caso: un parco-Autori di grande prestigio che spaziava in tutti i generi letterari e che avrebbe costituito un tocco corale proveniente da tutte le professioni legate alla parola scritta. Più il valore aggiunto di qualche Autore assolutamente nuovo. In linea con la mia convinzione che una città viva non solo del suo popolo ma anche dell’immaginario che la riguarda, sono tante le Personalità che ho voluto coinvolgere tra le appartenenti ad altre realtà italiane. Testimonianze di chi a Bologna viene spesso e la vede cambiare meglio di noi indigeni, o che ne ha raccolto una sola, folgorante, impressione sfiorandola di passaggio. Che si tratti di storie positive o sferzanti, riguardano noi. Le nostre antiche mura, i nostri tic, i nostri portici, la nostra ospitalità o la nostra cucina: persone e cose mescolate insieme, indistintamente, in un affresco multiforme o meglio – mi si perdoni l’utilizzo una parola abusata – in un mosaico. Autori “bolognesi” quindi, anche quando sono siciliani, campani, lombardi, piemontesi. Di tutte le età. Dietro il mio unico consiglio di non limitarsi alle storie nere, che restano la spina dorsale del mondo letterario bolognese, si è formata un’antologia di racconti incredibilmente varia ed esaustiva. Pur senza confrontarsi tra loro, infatti, gli Autori hanno offerto contributi che coprono in modo capillare tutte le sfumature del capoluogo emiliano: riflessioni intimistiche, racconti storici, musicali, ironici, sarcastici, neri, solari oppure romantici, biografici, leggendari… Testimonianze di chi vive nella nostra sterminata provincia, tra passato e presente.. Attraverso gli occhi di personaggi criminali o di integerrimi poliziotti. Non mancano storie incentrate sulle note dolenti, trattando temi come la disabilità, la droga, la povertà; problemi presenti in tutte le società, ma che sotto i portici assumono un sapore tutto proprio. Ora, pur convinto che tale prefazione non sia bastevole nel rendere giustizia a un siffatto mosaico di Autori, Vi invito a tuffarvi in questo ricco microcosmo, puntuale descrizione di una non-metropoli talmente orgogliosa da non esporsi mai quanto dovrebbe. Un’isola persino all’interno della regione che rappresenta, un mistero che si svela solo a chi ne cerca veramente l’anima. (Giovanni Modica)