Profili d’autore: Peter Russell Vita e Poesia, a cura di Wilma Minotti Cerini, Edizioni Il Foglio, Piombino, 2021 pp. 864 30 €

Peter Russell Vita e Poesia, a cura di Wilma Minotti Cerini, Edizioni Il Foglio, Piombino, 2021 pp. 864 30 €

*La zona grigia di compromissione in cui tutti ci muoviamo, è già in sé una ideologia, una ideologia bianca. Peter Russell ne era convinto.
Abbiamo dato agli azzeccagarbugli la lingua del Principe di Salina sullo sfondo di una realtà che è andata a fondo per lasciare posto all’iperrealtà, alla pseudorealtà e alla iporealtà, alla ipoverità, alla pseudoverità e alla iperverità; nel frattempo la distanza tra segno e referente, tra segno e cosa, è diventata smisurata, insondabile. Dal capitalismo della produzione e del consumo siamo arrivati ad un capitalismo semiurgico, della manipolazione dei segni, semiotico, semantico nel quale le parole sono diventate innocue, si sono iperbarizzate, atrofizzate, sono entrate in frigorifero e da lì ne sono uscite a temperatura zero gradi.

Questo ponderoso volume curato da Wilma Minotti Cerini, che raccoglie poesie di Russell, recensioni di vari critici e poeti sull’opera del poeta inglese, è un libro utilissimo perché ci consente di misurare il polso, le pulsazioni del poeta inglese. L’editore Thomas Fleming una volta dichiarò: «Quando cominciai ad accorgermi di Peter Russell, mi chiesi vagamente perché un poeta inglese vivesse separato dalla sua madrelingua, in Italia. Ma più leggevo più capivo che lo stato della cultura angloamericana, la nostra lingua così come la nostra letteratura, fanno dell’Inghilterra e dell’America luoghi non consoni all’ultimo dei grandi moderni» (citato da Franco Loi a pag. 474).

Il linguaggio della poesia di Peter Russell, a ben guardare, sembra un linguaggio letterario di seconda cottura. Ma è che tutta la migliore poesia degli ultimi decenni del novecento europeo appare essere di seconda, o peggio, di terza cottura, ripassata in padella. I puristi del bel verso eufonico sono dei nostalgici e nulla più, poi ci sono i rottamatori, gli specialisti della rottamazione nipotini dei Novissimi del 1961. Così l’arte figurativa. Osserviamo i vari strati di pittura dell’arte figurativa di oggi, gli strati di colore, i graffi, le smagliature, i tagli, le ulcerazioni sovrapposte sui quali il pittore stende la pittura, ehm… definitiva, volevo dire ultima, giacché di definitivo nell’arte di oggi non è rimasto un bel niente; ebbene, quelle cose lì sono il conglomerato di una idea di poiesis che si fa per fotosintesi, in modo naturale, quando invece non c’è bisogno di alcuna fotosintesi di frasari intonsi, è il reale stesso che si dà come compostaggio di cortometraggi, complessificazione di frasari di seconda e terza istanza. Russell capisce per tempo che non è più possibile alla fine del novecento fare una scrittura definitiva e definitoria, non è più pensabile licenziare una scrittura poetica ultimata ma non si arrende alla discesa culturale della poesia che si è fatta in Europa negli ultimi decenni.

Russell è stato forse l’ultimo dei poeti modernisti europei che ha scritto poesia alla maniera antica, come un novello Omero:

Il cieco Omero, schernito dalla truppa ignorante,

Sorretto tra i muli, inventò l’Olimpo;

E l’Ellade esplose in fiamme d’oro, e l’Europa

Lenta lenta crebbe dai suoi lunghi esametri…

  Oggi noi siamo un po’ tutti epigoni dei poeti modernisti europei, per noi oggi è forse possibile soltanto una scrittura che porti in sé un quantum di ancillarità, di improvvisazione, tra inquietudine e incertezza… la nuova fenomenologia del poetico che si è formata dopo la fine del modernismo nella poesia europea ha in sé il marchio di fabbrica della propria vulnerabilità e della tendenza alla disparizione oltre che all’ammutinamento. Ho sempre avuto la convinzione che la poiesis di Peter Russell tenda all’ammutinamento nella misura in cui è votata all’ammutolimento, tenda alla riaffermazione orgogliosa della verità del discorso poetico, e questa petitio principii lo ha portato ad una poesia della sublimazione del prosaico, ad una ribellione individualistica alle mode che tendevano a derubricare  e a tascabilizzare le questioni metafisiche che il modernismo aveva lasciato in eredità.

La costituzionalizzazione della poiesis in un dettato costituzionale neosperimentale che ha avuto luogo a partire dagli anni sessanta ad oggi in Europa è stato un prodotto storico inevitabile in quanto inconscio e inconscio in quanto inevitabile, ma questo non è un motivo sufficiente per la sua assoluzione o benedizione. È un fatto inoppugnabile che la poesia di Russell trovi le sue tematiche nella poesia ellenistica e latina della civiltà europea piuttosto che nella sperimentazione delle post-avanguardie europee, e questo qualcosa vorrà pure significare.

(Giorgio Linguaglossa)

*Accostare Peter Russell a Ezra Pound non è un azzardo, anche perché esiste una correlazione semantica aperta a tutto campo e strutturalmente di modanatura classica e moderna, come esternazione totalizzante della parola, che cerca e vuole essere la massima coesione con ogni rapporto tra la vita interiore e la realtà esterna. Tutto questo sarebbe soltanto una percezione, se non si affiancasse una buona dote di patrimonio culturale verso più direzioni linguistiche e mitiche, elaborate come uno studioso dell’antichità e un modernista della contemporaneità. Sono i sui versi, tanti ologrammi poetici trasferiti all’esterno mediante continue creazioni linguistiche, frutto di autentica ricerca. Le micosi letterarie attecchiscono sulla pelle e nell’anima del poeta, che le adopera nella più completa libertà espressiva, con connotazioni anche surrealistiche. Forse, si potrebbe paragonare Russell ad una mini biblioteca ambulante che annovera culture e libri diversi, come quando il poeta ampliò la sua curiosità culturale, con specifici studi durante la frequentazione con l’intellighenzia londinese, che lo portò ad essere gestore di una libreria ed editore della rivista “Nine”. È qui che Russell coltiva importanti amicizie come quella di Eliot, impegnandosi anche alla scarcerazione di Pound, chiuso in un manicomio statunitense. Nell’ambito della preziosità mitica, Peter Russell dà alle stampe nel 1954 Three Elegies of Quintilius dove vengono a convergere tanti influssi culturali di provenienza greco-romana, con la rielaborazione e citazione di poeti da Dante, a Shakespeare a W.C. Williams. Ed è proprio in Quintilius che emerge un vagabondaggio culturale, privo di “qualsiasi desiderio di potere”. Con The Golden Chain, Russell metabolizza la sua esperienza poetica, durante la permanenza a Berlino e a Venezia, introducendo nel suo linguaggio riverberi estetici di Yeats e della tradizione celtica. Ma è con Paysages Légendaires che si registra una delle forme poetiche più significative dove culture plurali si intersecano aprendo una delle pagine più significative della poesia di Russell, come a rivelare la Verità.”Ci vorrà del tempo per ricostruire /Per edificare l’alta casa dell’Anima /La torre del sé errante / Ben squadrata sotto la luna.

(Ciò che rimane, ciò che ha valore, è / L’essenza della cosa, non la cosa in sé /. In questi termini il poeta apre la strada per sé e per gli altri, colmando di umili certezze la sua ricerca etico-morale e il suo credo nella Poesia. Il lungo percorso poetico di Russell non consente una ulteriore disamina critica. Qui valga, citare soprattutto il suo grande impegno motorizzato dalla Immaginazione con la quale ha firmato le sue opere più importanti.

(Mario M. Gabriele)

Ho conosciuto personalmente Peter Russell, incontrato più volte a Pian di Sco’, a casa di Giuseppina Amodei, e poi, verso gli ultimi anni della sua vita, in Sicilia, capitato per caso a un reading a Gela in cui lui c’era. (Non ho mai capito come mai fosse finito in Sicilia). Ricordo la prima volta che lo incontrai, mi sembrò fuori dal tempo, immerso come era nella poesia, con una sigaretta perennemente tra le dita. Chiacchierammo. Uomo dolcissimo, ironico, uno di quelli che staresti ad ascoltare per un tempo indefinito: «Io sospetto che il poeta infatti rappresenti non solo le sue emozioni personali, ma le emozioni di tutti»; «Per quanto riguarda il linguaggio di queste poesie, volteggia tra una semplicità estrema -semplice, dolce e sensuale- e una sofisticata miscela di stili poetici appresi dalla letteratura di più nazioni».

(Giuseppe Talìa)

Quarta di copertina

Vi è una grande concordia tra i moltissimi importanti recensori, sia italiani che esteri, nel considerare Peter Russell senza ombra di dubbio, uno dei maggiori poeti inglesi viventi, se non addirittura il principale. Il motivo per cui tale merito non sia ancora universalmente riconosciuto rimane uno  dei  misteri più “arcani” di quest’ultimo squarcio di secolo  si chiede il prof. Alex R. Falzon (Università di Siena). Russell è stato chiamato “l’ultimo dei grandi Modernisti” come pure “un poeta appartenente alla più alta tradizione romantica”  avvicinandolo alla poetica di Yeats.  La poesia di Russell, è dunque una specie di platonica anamnesi, di prescienza paradisiaca, grazie alla quale si può arrivare alla comprensione del Tutto e all’Unità che lo sorregge. Russell ha rivolto la sua dedizione più completa, dedicandogli, al di là di ogni razionalismo, scientifismo, al di là di ogni realtà pragmatica, per creare un perfetto atto di contemplazione in cui l’oggetto e il soggetto si identificano. Poetare,  per Russell,  equivale a creare un intermondo, che sta tra l’esistere (il mondo delle apparenze) e la luminosa  vita dello spirito (il mondo dell’Idea). Russell ha rivolto la sua dedizione più completa, dedicandogli ogni singolo componimento¸ come disse una volta: “La poesia ha a che fare col respiro. Il respiro è vita, anima, pneuma”. Ha dato vita a straordinari poemi come “Le Elegie di Quintilius” e “Paesaggi Leggendari”.

Amico di Ezra Pound considerato il suo maestro per elezione, fautore con Eliot, ed altri eminenti intellettuali,  della sua liberazione dal manicomio di  St. Elizabeth negli Stati Uniti d’America.

Considerato tra i più grandi studiosi dell’opera di Dante Alighieri; ha tenuto conferenze di altissimo livello in varie Università.  Innumerevoli  le recensioni di Stampa sui maggiori quotidiani e riviste italiane ed estere.

Cantore del Valdarno e del Pratomagno, che amava smisuratamente,  ha vissuto alla Turbina di Piandiscò (AR)  dal 1983  quasi  sino alle  soglie  della  sua morte nel  gennaio del 2003

Proposto al Premio Nobel dall’allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi.