Omaggio a Pier Paolo Pasolini alla Casa di Dante – La Parola, l’Immagine, il Mito – Il ricordo di Mariella Bettarini

È stato reso omaggio martedì 17 maggio, a Pier Paolo Pasolini nel centenario della nascita, al Circolo degli Artisti Casa di Dante, a Firenze, in occasione di uno straordinario incontro. Davanti ad un folto pubblico, ha introdotto è coordinato l’incontro Annalisa Macchia e sono intervenuti nell’ordine Giuseppe Baldassarre per la “Poesia”, Franco Magari per l’”Immagine”, Roberto Mosi per il tema del “Mito”. Mariella Bettarini ha presentato da “Salvo imprevisti, 1976” il numero monografico dedicato a Pasolini. Per la nostra parte relativa al tema del “Mito”, siamo in grado di riportare un quadro diretto di riferimenti, un campo che nell’ambito del gruppo “Officina del Mito” del Circolo Casa di Dante, abbiamo approfondito con la preparazione, nel corso di più anni, di una serie di mostre dedicate a personaggi e ad argomenti del mito, dalla prima mostra sul “Labirinto”, all’ultima dedicata alla figura di Prometeo; per il mese di marzo 2023 è prevista, poi, la mostra su Antigone. iamo dunque partiti dalla considerazione che pochi artisti si sono espressi in una gamma così ampia di linguaggi come Pasolini, dalla poesia, al teatro, dal romanzo al film, dalla sceneggiatura alla pittura, con a fianco un’intensa attività critica e teorica. Il passare da un linguaggio all’altro non ha escluso la presenza di alcune costanti tematiche, che ricoprono spesso tutto l’arco della sua attività multiforme: possiamo dire, con una parola cara a Pasolini, di alcune “ossessioni”.

Abbiamo sottolineato che il mito antico e la tragedia greca appartengono a queste ossessioni: basta ricordare che le opere direttamente ispirate alla grecità ricoprono tutto il decennio più fecondo di Pasolini, dal 1960, anno in cui appare la traduzione dell’Orestea di Eschilo, al 1970, anno in cui esce il film Medea. Tenendo poi conto dell’insieme delle sue opere, anche incompiute, l’elenco si allunga: le traduzioni giovanili di tragedie greche e quella in friulano, di Saffo; dopo il 1970 Petrolio, che avrebbe dovuto riportare delle strane Argonautiche.

Come noto, si può schematizzare l’opera di Pasolini in una serie di opposizioni binarie, che ruotano intorno ad una opposizione primaria, biografica: quella tra il mondo (amato) della madre, e il mondo (odiato) del padre. Il Passato esaltato nei versi della poesia:

Io sono una forza del passato. / Solo nella tradizione è il mio amore. / Vengo dai ruderi, dalle chiese/ dalle pale d’altare, dai borghi/ abbandonati sugli Appennini o le Prealpi…

(1964, sul settimanale Vie Nuove): questo passato si può allineare sull’asse materno, assieme al mito, al Friuli contadino, al sottoproletariato urbano, al Terzo Mondo, e in genere a tutta la sfera emotiva, corporea, prerazionale; mentre sull’asse paterno si possono allineare il presente neocapitalistico, l’illuminismo, la borghesia, la civiltà industriale.

Il primo approccio di Pasolini al dramma greco (la traduzione dell’Orestea) coincide più o meno con un momento capitale del suo itinerario creativo: la conversione al cinema. Si tratta di una coincidenza (la traduzione gli fu commissionata da Vittorio Gassman per un spettacolo a Siracusa), ma possiamo attribuirvi comunque un valore simbolico: nel cinema Pasolini trovò infatti la sua idea di linguaggio del mito e del sacro: è per un cinema apertamente primitivo, basato sulla fissità ieratica dei primi piani, sul ricorso ad attori non professionisti sul rifiuto della ricostruzione nel set, in favore della ripresa in luoghi esotici.

Un cinema che oscilla fra una tendenza onirica e una tendenza documentaria: tra il recupero di una visione arcaica e la fascinazione feticistica dei corpi e dei luoghi, del corpo come luogo di passione, come fondamento di una nuova estetica. L’arte più tecnologica doveva servire dunque all’espressione del mito e del sacro.

Abbiamo ancora sottolineato che proprio un cinema così inteso era la forma più adatta per una rilettura della tragedia greca. Una rilettura nuova, lontana da esperienze di altri autori piene di verbosità e echi letterari, mentre i film pasoliniani sono prevalentemente visivi., sviluppano una drammaturgia originale, che riscrive liberamente quella dei modelli greci e in cui la parola non gioca un ruolo dominante, ma coopera con tutti gli altri codici: suono, immagine, gesto, musica, costumi.

La Grecia secondo Pasolini è una Grecia Barbarica perché rifiuta ogni idealizzazione neoclassica: ogni immagine di olimpica freddezza e di equilibrio razionale. Si ispira a due scienze che frequentò molto, l’antropologia e la psicanalisi, nel flusso del dibattito con due figure centrali, Sigmund Freud e James Frazer.

Pasolini enunciava con passione la propria poetica barbarica: “La parola barbarie – lo confesso – è la parola al mondo che amo di più”. I valori della razionalità e della storia non sono mai abbandonati del tutto; ma si può dire che nello scorrere degli anni il suo interesse si concentra sempre più su tutto ciò che si pone al di fuori di questi valori: sul mito, sul sogno, sul sacro, sull’eros fuori dalle norme. Si tratta comunque di una identificazione controllata: gli “elementi barbarici” si integrano sempre nella dinamica sociale, secondo una metafora-guida tratta da Eschilo, la trasformazione delle Erinni in Eumenidi. Il nemico per eccellenza è il razionalismo esasperato della società neocapitalistica.

Le tematiche della barbarie creano un filo rosso tra le varie opere ispirate dalla tragedia greca. Edipo re rappresenta tutta la potenza del desiderio parricida e incestuoso, e quindi tutta la tragicità dell’“obbligo del conoscere”, cioè del patto sociale che istituisce i tabù; Edipo passa dalla fisicità di barbaro e di sottoproletario alla sublimazione della poesia, mentre Giocasta incarna la sensualità pura che non vuole sapere.

Con Medea si passa dal piano dell’essenza della persona al piano della storia culturale: il film esalta il mondo arcaico come un mondo dotato di una diversa temporalità, di un suo pensiero peculiare; un mondo che viene violato dall’aggressione colonialista di Giasone, dettata da un cinico pragmatismo. Per opera di un violento eros fisico Medea perde così il legame profondo con il suo ambiente magico.

A una tematica barbarica corrisponde un’ambientazione barbarica, con piena solidarietà tra forma dell’espressione e forma del contenuto. I film di Pasolini sono quanto di più lontano si possa immaginare dalla ricostruzione archeologica: alla solarità accecante nel Marocco (dove è girata la parte mitica dell’Edipo re) , alle architetture arcaiche in pietra della Cappadocia (la Colchide di Medea), ai bastioni di una città siriaca, Aleppo (Corinto in Medea, contaminata con la piazza dei Miracoli di Pisa), sono associati costumi in cui si incrociano svariate culture arcaiche, e musiche provenienti per lo più da aree non occidentali (africane, tibetane, giapponesi, rumene) mentre a più riprese vengono raffigurati riti, feste, danze e altri momenti sociale arcaici (matrimoni, funerale).

Sono dunque ambientazioni che mirano a creare un effetto di lontananza cronologica, sfruttando anche il potenziale cromatico del cinema, “certi rosa e verdi stupendi; remoti a noi, come doveva essere il mito di Edipo per i Greci: non contemporaneo, fantastico …”.

Ossia andare alle radici del teatro greco, verso quel livello del “prima della storia”, che lo ha sempre affascinato fino all’ossessione: amava ripetere che il mondo sottoproletario viveva ancora nell’antica preistoria, mentre la borghesia neocapitalistica si avviava verso un’atroce nuova Preistoria. L’ossessione della preistoria si incrocia di continuo con un’altra ossessione che attraversa tutta l’opera di Pasolini: il terzo mondo.

Vuole ricreare dunque il linguaggio atemporale del mito, un linguaggio primario in cui si inscrive la civiltà contadina “illimitata” ètransazionale”. Questo rapporto tra il mito greco e il mondo contadino ruota principalmente intorno al concetto di “ciclicità”: come vediamo sia in Edipo re che in Medea. “La vita finisce dove comincia”, afferma Edipo.

La presentazione dell’opera di Pasolini al Circolo Casa di Dante nel centenario della sua nascita, secondo le prospettive sopra illustrate, ha riscosso dunque un notevole successo, è stata la ri-scoperta di un grande autore, quanto mai attuale nell’insieme del suo impegno artistico, che ha ancora molto da offrire nella nostra epoca. L’impegno ultimo dell’incontro è stato quello di promuovere un ulteriore incontro per “vivere” ancora l’attualità e la complessità del mondo di Pasolini